Quaranta giorni, Mondadori editore. Recensione

Valerio Massimo Manfredi è uno dei miei autori preferiti. Dalla trilogia di Alexàndros a quella sulle peripezie di Odisseo, i suoi romanzi sono sempre scrigni di emozioni e avventura.
Anche i grandi, però, sbagliano e con “Quaranta giorni” Manfredi si spinge oltre la rivisitazione storica e, senza fonti a cui attingere, deve alla sua inventiva l’implcatura del romanzo.
Siamo in Giudea, 33 d.C. Gesù è sulla croce, sono i suoi ultimi istanti di vita e, mentre istruisce Giovanni e Maria sul loro futuro rapporto madre-figlio, rivolge qualche parola di disprezzo a un essere, visibile solo a lui. Una creatura immonda che non è degna di assistere al suo calvario.
Le sorprese iniziano subito, non solo Manfredi descrive la resurrezione ma ne spiega le particolarità e la potenza evocativa, tutto dagli occhi di un essere (un demone?) che assiste quasi inconsapevole alla potenza di Dio.
Fino a qui, le prima venti-quaranta pagine, tutto scorre bene, poi iniziano i problemi.
Il nostro narratore inizia a muoversi in maniera caotica non solo nello spazio ma anche nel tempo. Inviato per una missione specifica al tempo della crocifissione, si avventura in un pellegrinaggio che lo porterà a Capri, dall’imperatore Tiberio, dove avrà una visione che lo terrorizzerà, fino a camminare a fianco dello stesso Jeshua risorto.
La difficoltà maggiore è seguire il filo logico. Abbiamo un Gesù resuscitato e disincantato, quasi deluso dal suo destino e una creatura che tenta di spronarlo a cambiare il corso del tempo e del futuro, a mostrare i suoi poteri, quasi come fece Lucifero nel deserto.
I salti temporali sono notevoli. Da un momento all’altro siamo alla mecca, nel presente e, un attimo dopo, a Gerusalemme, durante la difesa, da parte del popolo ebraico, del tempio di Salomone.
Qui Manfredi si ferma per tempo maggiore, tentando, con la sua notevole capacità descrittiva, di raccontarci gli incredibili bagni di sangue che hanno preceduto la distruzione di una delle meraviglie del mondo. Si ha, però, la sensazione che sia tutto troppo veloce, troppo compresso e non si riesce a capire il ruolo del nostro protagonista che riesce, nel mentre, anche a innamorarsi e deviare la propria attenzione dal messia al suo amore.
Qualcuno lo ha inviato nel nostro mondo, questo è chiaro. Ma perché? Per tentare Gesù ? Per seguirlo nei suoi quaranta giorni prima dell’ascensione o per mostrargli il futuro e dimostrargli come sia tutto stato vano? Fa un po’ tutte queste cose e anche di più.
Riesce a stare dietro più o meno a tutti e a seguire la battaglia suprema : “L’armageddon” , dove i triarchi di Dio sfidano le armate del male.
Da qui la trama cambia ulteriormente, portandomi a storcere tanto il naso fin quasi a spezzarlo. Dalle assolate distese desertiche della Giudea dell 33 d.C. Manfredi arriva al presente e costruisce un'ulteriore sottotrama un po’ senza senso.
L’ho considerata una forzatura e non in linea con quello che la trama fa credere del romanzo quando lo si acquista.
Si, i giorni pre ascensione ci sono, ma Jeshua è una figura enigmatica e il suo rapporto con il padre ancora di più. Non è un racconto sull'ascensione ma più una sorta di dialogo tra filosofi, lento e a volte incomprensibile.
Manfredi sottolinea l’importanza della parte umana del Messia (questo l’ho apprezzato) e la difficoltà di intrecciarla a quella divina. Lui è il figlio di Dio e Dio gli dà ascolto (beato lui).
Il protagonista, però, è anche peggio. Un segreto fin dall’inizio e quando sta per capirsi qualcosa, la sua missione viene rinnovata e si troverà in un tempo più vicino al nostro a combattere guerre più “moderne”.
C’è così tanto in così poco che anche la recensione rischia di essere caotica .
Vi sono basi molto interessanti, vi è la scrittura cristallina di Manfredi ma non basta.
La lettura post resurrezione è troppo cattolica ( si, la resurrezione in se lo è, ma qui si eccede) e la storia intrecciata al presente ha poco senso e, infine, se anche le idee potevano essere decenti, le striminzite spiegazioni date in poco più di duecento pagine spengono tutto, a poco a poco.
Manfredi rimandato e con lui la casa editrice. Una tirata di orecchie alla Mondadori che, forte del nome dell'autore, decide di far pagare un libro da 200 pagine circa venti euro.
Non ci siamo.



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