Hagen di Tronje, Fanucci Editore. Recensione
In un periodo in cui i retelling la fanno da padrone, mi imbatto (inizialmente a mia insaputa) in una rivisitazione di una leggenda norrena/Germanica.
Protagonista è Hagen di Tronje, guerriero rinomato al servizio di Re Gunther, sovrano di Burgundia.
La fonte della leggenda è il Nibelungelied. In questa versione, Gunther si innamora di Brunilde, regina d’Islanda e Valchiria, punita da Odino e condannata alla prigionia in un castello isolato.
Chiedere la mano di Brunilde vuol dire affrontare prove durissime e Gunther decide di chiedere aiuto a Sigfrido che accetta in cambio della mano di Crimilde, sorella del re.
L’autore è abile nel mantenere la struttura di base quel tanto che basta per conservare i tratti caratteristici della leggenda ma ci costruisce sopra la sua idea e la sua trama più articolata e più sporca di sangue e inganni.
Ammetto di aver fatto fatica inizialmente; le prime 70/100 pagine sono piene di descrizioni e di luoghi e il linguaggio è ricercato ma si tratta di un meccanismo voluto. L’autore imprime l’ambientazione a fuoco nella mente del lettore che, una volta assorbita, abbraccia i personaggi e la trama in modo perfetto e l’accelerazione è violenta, nella trama e negli eventi.
Hagen di Tronje è il maestro d’armi del Re Gunther di Burgundia e le sue gesta hanno permesso di mantenere la pace e lo hanno reso temuto e rispettato. Il re lo tratta quasi come un padre e così i suoi fratelli, tutti affezionati ai suoi modi bruschi ma mai alteri.
La monotonia è interrotta dall’arrivo di Sigfrido, cavaliere leggendario, capace di uccidere il drago Fàfnir e ottenere così la sua forza.
Da qui, tra dichiarazioni di guerra, scontri sanguinosi e amori proibiti, la corte di Gunter sembra cadere ai piedi di Sigfrido. Tutti lo amano, a parte Hagen di Tronje.
Hagen è un personaggio così complesso e ben costruito che mi ha stupito. Non perché mi aspettassi qualcosa di scialbo o fatto male ma perché è diverso. Diverso da come te lo aspetti, diverso da come l’autore lo presenta inizialmente. È combattuto, riflessivo e dubbioso. Ha una lealtà di ferro (chi ha apprezzato Ned Stark amerà Hagen) e questo lo costringe a decidere per gli altri prima che per sè. Non è istintivo, non è violento, combatte poco e solo se necessario. L’arrivo di Sigfrido, però, lo destabilizza, non si fida di lui e nonostante l’aiuto che il Nibelungo dá a re Gunther c’è sempre qualcosa che tormenta Hagen.
Questi tormenti lo portano ad allontanarsi, a imbattersi in strani personaggi, ma quando sei un guerriero, se non cerchi la guerra è lei che trova te. Si ributterà nella mischia e per quanto provi a non decidere sarà costretto e tutto, in qualche modo, precipiterà
I pro, quindi, sono molto più che i contro. Viaggi, bufere, duelli e sofferenze sono descritte con garbo e la trama è intrecciata in modo da incuriosire anche chi conosce la storia. Brunilde, Sigfrido, Gunther hanno tutti una personalità, un carattere definito e le loro gesta, con egoismi e scelte autoritarie, decideranno il finale, che ha un crescendo notevole.
Tra i contro, invece, spiccano la perdita del ritmo in molti punti, perché l’autore si intestardisce a descrive acqua e nebbia continuamente (Il Reno sarà pure lungo ma 2 pagine di descrizione sono tante) e l’aggiunta un po’ troppo graduale di azione e colpi bruschi che ravvivino la lettura.
In generale un successo meritato (soprattutto in patria) quello di Hagen; un libro più storico che fantasy e che è “bello” leggere perché permette di viaggiare in molti modi.
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