La corte di rose e spine (La trilogia), Mondadori. Recensione
ha raggiunto il suo intento.
Ho letto la trilogia di Acotar di Sara J. Maas.
Mi sento di fare subito una precisazione. Bisogna avvicinarsi a questi libri con lo spirito giusto. Molte delle critiche che ho letto in giro riguardano la semplicità con cui si risolvono alcune diatribe, la sdolcinatezza e la leggerezza.
Questo è ingiusto, non perchè queste caratteristiche non ci siano, anzi, ma perché l’autrice non sbaglia le scelte, è lei a cercarle. Il vero sbaglio è leggere questi libri e lamentarsi perché non c’è la crudeltà di Martin o il sangue di Abercrombie, è assurdo. Il target è preciso, è un fantasy romance e centra tutti i suoi obiettivi (Tra cui il più importante: appassionare chi lo legge)
Gli aspetti positivi ci sono, più di quanto mi aspettassi. Se il primo libro è un po’ piatto e scontato (anche se le scene sotto la montagna le ho apprezzate), è nel secondo e nel terzo che l’autrice sfrutta al massimo le possibilità della trama e la sua fantasia. Questo perché, soprattutto nel secondo libro (che personalmente è quello che ho preferito) la componente amorosa e la protagonista debole e spaurita cadono, lasciando posto a una Feyre molto più determinata e, soprattutto, per la sua gioia, molto più coinvolta negli eventi.
Gli eventi, altro punto forte.
C’è la guerra. E questa battaglia tra un antico nemico potente e i Fae più potenti del continente si dipana tra ritorni inaspettati e tradimenti all’interno delle stesse fazioni che porta a scontri sanguinosi e che corrono sempre sull’orlo del disastro.
Anche i personaggi sono caratterizzati bene. Forse troppo lineari, senza punti grigi (Vedi Rhysand) ma al contempo sempre coerenti con il loro essere e il loro ruolo.
Feyre, la protagonista, aiutata da una narrazione in prima persona, si fa voler bene. Per quanto inizialmente confusa, mostro un notevole spirito di adattamento, determinazione e coraggio. Persuasa nello scegliere l’amore che merita e non quello che le viene imposto.
E anche nei personaggi c’è la fantasia. Ci sono alcune componenti soprannaturali o multidimensionali molto interessanti, su cui si potrebbe puntare molto di più.
La Maas lascia notevole spazio al potere femminile e lancia ottimi messaggi, soprattutto quello che punta sulla capacità di ribellarsi a un amore ossessivo e, a tratti, violento.
Le famose scene spicy. Un accenno bisogna farlo. Ne ho sentito parlare così tanto che credevo di leggere solo quello ma non è stato così. Anzi. Tra secondo e terzo libro la componente viene ripresa nei momenti giusti e non è così invadente (Poi è chiaro che debbano piacere ma non sono così predominanti da rovinare la trama) e la Maas se la cava proprio bene. Ha tirato furoi l’idea (piccolo spoiler) dell’apertura alare che mi ha fatto sorridere.
Non è solo passione, c’è anche quel tocco di sfacciataggine che fa simpatia.
Passiamo alle note dolenti (Su cui non posso soffermarmi troppo per non scatenare la sorella suddetta che, se non si è capito, ha apprezzato molto questa trilogia)
L’estemporaneità delle battute. In alcuni casi capita che su un discorso serio vengano, di colpo, inseriti riferimenti “esterni” per così dire che spezzano la gravità della scena.
Le scorciatoie. Queste sono davvero molte. La Maas semplifica molto gli avvenimenti, tenendo uno schema comune che dopo un po’ salta all’occhio, così si perde l’effetto sorpresa, sai già che tutto andrà in una direzione.
Il Deus ex machina, con questo si diverte proprio. Infine (direte voi: sei stato tu a dire di non rompere le palle con Martin, si è vero) un minimo di cattiveria in più. Serviva qualche scelta coraggiosa, specie alla fine.
Nel complesso è una lettura veloce, a tratti divertente e che ha i suoi momenti di pathos. Basta non aspettarsi il fantasy della vita.
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